HOMETOWN – LA STRADA DEI RICORDI

PROGRAMMAZIONE
TERMINATA
HOMETOWN – LA STRADA DEI RICORDI
Un dialogo tra Roman Polanski e Ryszard Horowitz, amici separati dalla persecuzione nazista.
HOMETOWN – LA STRADA DEI RICORDI
Regia: Mateusz Kudla, Anna Kokoszka-Romer.
Cast: Roman Polanski, Ryszard Horowitz, Bronislawa Horowitz Karakulska, Stanislaw Buchala
Genere: Documentario
Durata: 75 min. - colore
Produzione: Polonia (2023)
Distribuzione: Vision Distribution

Roman Polanski e Ryszard Horowitz, circa sei anni di differenza, hanno frequentato lo stesso liceo artistico a Cracovia. Polanski (1933) è nato a Parigi, Horowitz (1939) a cracovia. Entrambe le loro famiglie sono state testimoni della costruzione del ghetto e delle deportazioni nei campi di concentramento dalla città polacca. A fine anni Cinquanta entrambi hanno lasciato la Polonia, trovando affermazione professionale rispettivamente l’uno come regista, l’altro come fotografo (o meglio photocomposer, come si dichiara) negli Stati Uniti (Polanski prima in Europa). Da allora non sono più tornati insieme nella loro città natale, dove, a oltre sessant’anni di distanza, si danno appuntamento. È l’occasione per ricordare, anche quando non si vorrebbe, per ovvi motivi.

Tra i due uno squilibrio decisivo: a differenza dei suoi genitori, Polanski è scampato all’esperienza della deportazione ed è stato nascosto e affidato a famiglie diverse. Coccolato dalla sua famiglia, Horowitz invece è stato deportato piccolissimo ad Auschwitz, venendone poi salvato (uno dei più giovani) da Oskar Schindler, motivo per cui lo si può intravedere in una rapidissima apparizione in Schindler’s List di Steven Spielberg.

I registi Mateus Kudla e Anna Kokoszka-Romer tallonano i due amici durante la visita ai luoghi della loro infanzia, a partire dal loro incontro in aeroporto.

Rivedono la piazza principale della città, luogo massimamente evocatore di immagini, e a seguire, una sala cinematografica di quartiere, gli appartamenti in cui hanno abitato, il cimitero dove sono sepolti i cari, la scuola ebraica, la sinagoga, il muro della memoria, il ghetto. Infine – con una imprevista svolta finale che svela l’innesco di quel ritorno duro e inaudito ad anni rimossi e mai discussi insieme – il piccolo villaggio di campagna in cui Polanski fu accolto e nascosto da una famiglia di contadini, fino all’arrivo degli aerei dei liberatori americani.

Kudla e Kokoszka-Romer, che firmano anche la sceneggiatura e il montaggio del film, sanno rendersi invisibili e silenziosi, con una misura eccezionale, mentre li precedono e seguono in una serie di camminate, osservazioni e soste e registrano in presa diretta le sensazioni e le informazioni che quel ritorno provoca. Rarissimi ed estremamente rilevanti sono i momenti “in posa” davanti alla camera, nei quali stacchi rapidi evitano qualsiasi insistenza sulle loro reazioni emotiva. Anzi, una delle cose che salta più all’occhio di questo ritorno agli inferi tra giganti pari è che Polanski e Horowitz sorridono e ridono tantissimo, opponendo senso del paradosso umoristico, dell’oblìo e fatalismo ad un più prevedibile atteggiamento vittimista.

Con una misura e una distanza che può appartenere solo ai testimoni diretti e ai primi oggetti dell’orrore, raccontano e mostrano ciò che è di per sé indicibile e non rappresentabile: l’odio razziale, la progressiva segregazione, la persecuzione, la schedatura, la lacerazione degli affetti, la condanna a morte mascherata da opportunità di lavoro.

La narrazione procede secondo un andamento dialogico e con passaggi impercettibili la presa diretta è cucita alla voce over dell’uno che riflette sull’altro, in un confronto e rispecchiamento definitivo, senza pelle.