Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto
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Roma. Il giorno stesso della sua promozione al comando dell’ufficio politico della Questura, un dirigente di Pubblica Sicurezza (del quale per tutta la durata del film non viene fatto il nome e che in fase di sceneggiatura viene individuato come l’Assassino), fino a quella mattina capo della sezione omicidi, uccide con una lametta Augusta Terzi, la propria amante, nell’appartamento di lei.
Il film è realizzato con la tecnica dei flashback in cui si rivela che Augusta invitava il commissario ad abusare del proprio potere o a narrarle particolari scabrosi cui aveva assistito nelle vesti di poliziotto o, ancora, lo provocava parlandogli di una sua relazione con un giovane «rivoluzionario», in realtà lo studente anarchico Antonio Pace, che vive nel suo stesso palazzo.
Consapevole e allo stesso tempo incapace di sostenere il potere che egli stesso incarna, il poliziotto dissemina la scena del delitto di prove e, durante le indagini, alternativamente ricatta, imbecca e depista i colleghi che si occupano del caso. Se in un primo momento ciò che guida il protagonista pare essere l’arroganza di chi confida nella propria insospettabilità, la veridicità di questa convinzione viene via via smentita dai fatti.
Il poliziotto assassino, in virtù della vittoria dell’ordine costituito, finisce per agognare la propria punizione, che tuttavia gli viene preclusa dal suo potere e dalla sua posizione: l’unico testimone dei fatti, l’anarchico individualista Pace, non vorrà denunciarlo per poterlo ricattare («Un criminale a dirigere la repressione: è perfetto!», esclama durante l’interrogatorio).
Il protagonista oramai deciso sulla sua posizione autopunitiva, consegna una lettera di confessione ai suoi colleghi, e – invocando quale unica attenuante il fatto di essere stato continuamente preso in giro dalla propria vittima – s’impone gli arresti domiciliari: a casa, nell’attesa del suo arresto ufficiale, si addormenta e sogna di essere costretto dai suoi superiori e colleghi, che analizzano e rifiutano la validità degli indizi e delle prove, a firmare la “confessione della propria innocenza”.
Al risveglio, con l’arrivo dei pezzi grossi della polizia, lo attende il vero finale che non viene però svelato dal regista ed è lasciato in sospeso. Il film si chiude con l’immagine delle tapparelle che si abbassano nella stanza in cui il protagonista ha appena ricevuto gli inquirenti, mentre sullo schermo appare infine una citazione di Franz Kafka: «Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano».