Manaslu – La montagna delle anime
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Scalatore, guida alpina, maestro di sci, Hans Kammerlander, nato a Campo Tures (Bolzano) nel 1956, è un recordman di scalate su cime oltre gli ottomila metri. Nel 1984, con Reinhold Messner che lo vuole come compagno, compie l’impresa di due di seguito, il Gasherbrum I e II, nel giro di una settimana. Nel 1996 raggiunge la cima dell’Everest senza maschera d’ossigeno e ne discende in sci, detenendo un primato tuttora imbattuto che gli porta successo e fama mondiali. Temperato dalla fatica fisica appresa da bambino nel maso dei genitori, innamorato della montagna dall’età di 8 anni, non ha mai smesso di porsi obiettivi sempre più difficili (“Gli obiettivi sono più importanti dei ricordi” è uno dei suoi motti).
L’unica spedizione che segnato negativamente il curriculum di Kammerlander, ma prima di tutto la sua vita personale, è stata quella del 1991 sul Manaslu, in Pakistan, quando ha perso in tragiche circostanze gli amici e colleghi di scalata, ben più prudenti di lui, Karl Grossrubatscher e Friedl Mutschlechner.
Una ferita che lo accompagna (insieme a quella di un incidente provocato per ubriachezza alla guida) e che vorrebbe non superare ma in un certo modo onorare, chiudendo un ciclo e tornando a salire proprio quel monte pieno di pericoli.
È una produzione ricca e altisonante a restituire le gesta ineguagliate e le debolezze di uno sportivo della montagna. Manaslu – La montagna delle anime si presenta come uno spericolato mix di ricostruzione fiction (a partire da quando Hans è bambino e poi giovane guida alpina sui pascoli sudtirolesi), materiale d’archivio, privato e giornalistico, un incontro recente con il regista Werner Herzog curioso – ovviamente – dei suoi limiti umani, alcuni inserti di monaci buddisti che lavorano pazientemente a un mandala di sabbia, momenti in cui Kammerlander – in studio di registrazione – incide la sua voce come filo narrativo della propria storia. Il tutto mantenendo come linea guida la drammatizzazione delle sue temerarie imprese sportive, reinterpretate in età adulta da Michael Kuglitsch (e a 8 anni e da 20 a 30 alternativamente da Leo Seppi e Simon Gietl).