Foxtrot – La danza del destino

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Foxtrot – La danza del destino
Gran Premio della Giuria all’ultimo Festival di Venezia, dal regista di LEBANON Leone d’Oro a Venezia2009
Foxtrot – La danza del destino
(Foxtrot)
Regia: Samuel Maoz
Cast: Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Yonatan Shiray
Genere: Drammatico
Durata: 113 min. - colore
Produzione: Israele, Germania, Francia, Svizzera (2017)
Distribuzione: ACADEMY TWO
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FOXTROT, Gran Premio della Giuria all’ultimo Festival di Venezia, è scritto e diretto dall’israeliano Samuel Maoz, il regista di LEBANON Leone d’Oro a Venezia nel 2009.

Einstein diceva che le coincidenze sono il modo che Dio usa quando vuole restare anonimo. Foxtrot è la danza di un uomo con il suo destino. È una parabola filosofica che analizza il concetto misterioso di fato attraverso la storia di un padre e di un figlio, che sono fisicamente lontani ma che nonostante la distanza e la separazione riusciranno a cambiare l’uno il destino dell’altro e di conseguenza i destini di entrambi. La sfida per me è stata affrontare il divario tra le cose che possiamo controllare e quelle che sfuggono al nostro controllo.

Ho scelto di costruire la storia come una tragedia greca classica in cui l’eroe è causa della sua punizione e lotta contro quelli che vorrebbero salvarlo. Ovviamente non è consapevole delle conseguenze a cui le sue azioni condurranno. Al contrario è convinto che il suo modo di agire sia corretto e razionale. Questa è la differenza tra una coincidenza casuale e una coincidenza che sembra far parte di un piano del destino.

Il caos è organizzato. La punizione corrisponde alla colpa nella forma esatta. C’è qualcosa di classico e circolare in questo processo e c’è anche l’ironia che spesso è associata al destino. La struttura di una tragedia greca in tre atti mi è sembrata la forma drammatica ideale per contenere le mie idee.

Volevo raccontare una storia che potesse essere rappresentativa della crudele realtà in cui noi viviamo. Una storia che avesse un valore personale e universale. Una storia di due generazioni – la seconda e la terza, figlie dei sopravvissuti all’Olocausto – che continua a rivivere quel trauma durante il servizio militare. Siamo obbligati a continuare a sopportare questa situazione traumatica senza fine e parte di questa potrebbe essere evitata. Un dramma su una famiglia che va in pezzi e si riunisce. Un conflitto tra amore e senso di colpa; un amore costretto a convivere con un grande dolore emotivo. Come nel mio film precedente, Lebanon, volevo continuare ad indagare, in un

modo intenso che combinasse sguardo critico e compassione, le dinamiche umane in un ambito chiuso.

Il film ha una sequenza in cui vedi un schermo di un computer con un necrologio e poi una ciotola con delle arance. Questa immagine è la storia del mio paese in poche parole, arance e soldati morti.

Quando mia figlia più grande frequentava la scuola superiore non si svegliava mai in tempo ed era sempre in ritardo, così mi chiedeva di prendere un taxi. Questa abitudine ci è costata un sacco di soldi e mi è sempre sembrata diseducativa. Una mattina mi sono arrabbiato e le ho imposto di prendere l’autobus come facevano gli altri. Ho pensato che se non avesse imparato sarebbe stata sempre in ritardo. Forse in questo modo avrebbe imparato il duro impegno di alzarsi in tempo. Il suo autobus era la linea 5. Mezz’ora dopo che era uscita di casa, un sito di news aveva pubblicato la notizia che un terrorista si era fatto saltare in aria sulla linea 5 e che erano rimaste uccise una dozzina di persone. Ho provato a chiamarla sul cellulare ma il suo telefono era irraggiungibile perché si era verificato un sovraccarico nelle linee. Mezz’ora dopo mia figlia è tornata a casa. Era arrivata in ritardo e aveva perso il bus che era esploso poco dopo. Aveva visto l’attentatore lasciare la stazione e prendere l’autobus. Mi sono sentito fortunato di avere ancora una figlia…